I pastori, di Gabriele D'Annunzio
Penso che in un sito che parla dell'Abruzzo non possa mancare la poesia simbolo della mia terra.
La pubblico con un paio di mesi di ritardo rispetto al mese di riferimento, ma credo che la cosa poco importi.
E' una poesia bellissima, eterna, venata di una potente nostalgia verso il tempo passato, i riti antichi e le solide certezze della vita dei pastori.
Anticipatore del forte disagio verso la nostra "vita liquida"?
I Pastori
Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natìa
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato han verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
Oh voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Or lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi della sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.
Ah perchè non sono io cò miei pastori?
(Gabriele D'Annunzio)
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